(22-26) Giuseppe. — La benedizione di Giuseppe è, in molti particolari, la più notevole di tutte. Jacob sembra lottare con se stesso e ansioso di donare più di quanto era in suo potere. Giuseppe era il figlio più caro, il figlio della sua principale e amatissima moglie; era anche il salvatore della famiglia d'Israele e l'attuale sovrano dell'Egitto; e suo padre gli aveva anche concesso la parte del primogenito dandogli due tribù, e alle altre solo una.

Tuttavia, non può concedergli la sovranità. In termini chiari aveva descritto Giuda come il leone, la cui forza signorile avrebbe dovuto dare a Israele la vittoria e il dominio, e lo scettro doveva rimanere suo finché non fosse venuto Colui il cui diritto è di governare. E così Giacobbe magnifica ancora e ancora, ma in termini oscuri, la sua benedizione su Giuseppe, che, analizzata, equivale semplicemente a un'eccessiva fecondità, senza prerogativa messianica o spirituale.

A partire da questo, Giacobbe si sofferma poi sulle prove di Giuseppe e sulla virilità con cui le aveva sopportate e superate; e poi magnifica la beatitudine della sorte terrena della sua stirpe, vinta per loro dal merito personale di Giuseppe, con una descrizione della quale Giacobbe termina le sue parole.

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