Commento, spiegazione e studio di Giobbe 10:1-17, verso per verso
L'anima mia prova disgusto della vita; vo' dar libero corso al mio lamento, vo' parlar nell'amarezza dell'anima mia!
Io dirò a Dio: "Non mi condannare! Fammi sapere perché contendi meco!"
Ti par egli ben fatto d'opprimere, di sprezzare l'opera delle tue mani e di favorire i disegni de' alvagi?
Hai tu occhi di carne? Vedi tu come vede l'uomo?
I tuoi giorni son essi come i giorni del mortale, i tuoi anni son essi come gli anni degli umani,
che tu investighi tanto la mia iniquità, che t'informi così del mio peccato,
pur sapendo ch'io non son colpevole, e che non v'è chi mi liberi dalla tua mano?
Le tue mani m'hanno formato m'hanno fatto tutto quanto e tu mi distruggi!
Deh, ricordati che m'hai plasmato come argilla e tu mi fai ritornare in polvere!
Non m'hai tu colato come il latte e fatto rapprender come il cacio?
Tu m'hai rivestito di pelle e di carne, e m'hai intessuto d'ossa e di nervi.
Mi sei stato largo di vita e di grazia, la tua provvidenza ha vegliato sul mio spirito,
ed ecco quello che nascondevi in cuore! Sì, lo so, questo meditavi:
se avessi peccato, l'avresti ben tenuto a mente, e non m'avresti assolto dalla mia iniquità.
Se fossi stato malvagio, guai a me! Se giusto, non avrei osato alzar la fronte, sazio d'ignominia, spettatore della mia miseria.
Se l'avessi alzata, m'avresti dato la caccia come ad un leone e contro di me avresti rinnovato le tue maraviglie;
m'avresti messo a fronte nuovi testimoni, e avresti raddoppiato il tuo sdegno contro di me; legioni su legioni m'avrebbero assalito.