Commento, spiegazione e studio di Giobbe 14:1-13, verso per verso
L'uomo, nato di donna, vive pochi giorni, e sazio d'affanni.
Spunta come un fiore, poi è reciso; fugge come un'ombra, e non dura.
E sopra un essere così, tu tieni gli occhi aperti! E mi fai comparir teco in giudizio!
Chi può trarre una cosa pura da una impura? Nessuno.
Giacché i suoi giorni son fissati, e il numero de' suoi mesi dipende da te, e tu gli hai posto un termine ch'egli non può varcare,
storna da lui lo sguardo, sì ch'egli abbia un po' di requie, e possa godere come un operaio la fine della ua giornata.
Per l'albero, almeno c'è speranza; se è tagliato, rigermoglia e continua a metter rampolli.
Quando la sua radice è invecchiata sotto terra, e il suo tronco muore nel suolo,
a sentir l'acqua, rinverdisce e mette rami come una pianta nuova.
Ma l'uomo muore e perde ogni forza; il mortale spira e dov'è egli?
Le acque del lago se ne vanno, il fiume vien meno e si prosciuga;
così l'uomo giace, e non risorge più; finché non vi sian più cieli, ei non si risveglierà né sarà più destato dal suo sonno.
Oh, volessi tu nascondermi nel soggiorno de' morti, tenermi occulto finché l'ira tua sia passata, fissarmi un termine, e poi ricordarti di me!