Commento, spiegazione e studio di Giobbe 29:11-25, verso per verso
L'orecchio che mi udiva, mi diceva beato; l'occhio che mi vedeva mi rendea testimonianza,
perché salvavo il misero che gridava aiuto, e l'orfano che non aveva chi lo soccorresse.
Scendea su me la benedizione di chi stava per perire, e facevo esultare il cuor della vedova.
La giustizia era il mio vestimento ed io il suo; la probità era come il mio mantello e il mio turbante.
Ero l'occhio del cieco, il piede dello zoppo;
ero il padre de' poveri, e studiavo a fondo la causa dello sconosciuto.
Spezzavo la ganascia all'iniquo, e gli facevo lasciar la preda che avea fra i denti.
E dicevo: "Morrò nel mio nido, e moltiplicherò i miei giorni come la rena;
le mie radici si stenderanno verso l'acque, la rugiada passerà la notte sui miei rami;
la mia gloria sempre si rinnoverà, e l'arco rinverdirà nella mia mano".
Gli astanti m'ascoltavano pieni d'aspettazione, si tacevan per udire il mio parere.
Quand'avevo parlato, non replicavano; la mia parola scendeva su loro come una rugiada.
E m'aspettavan come s'aspetta la pioggia; aprivan larga la bocca come a un acquazzone di primavera.
Io sorridevo loro quand'erano sfiduciati; e non potevano oscurar la luce del mio volto.
Quando andavo da loro, mi sedevo come capo, ed ero come un re fra le sue schiere, come un consolatore in mezzo agli afflitti.