Commento, spiegazione e studio di Giobbe 3:2-19, verso per verso
E prese a dire così:
"Perisca il giorno ch'io nacqui e la notte che disse: "E' concepito un maschio!"
Quel giorno si converta in tenebre, non se ne curi Iddio dall'alto, né splenda sovr'esso raggio di luce!
Se lo riprendano le tenebre e l'ombra di morte, resti sovr'esso una fitta nuvola, le eclissi lo riempian di paura!
Quella notte diventi preda d'un buio cupo, non abbia la gioia di contar tra i giorni dell'anno, non entri nel novero de' mesi!
Quella notte sia notte sterile, e non vi s'oda grido di gioia.
La maledicano quei che maledicono i giorni e sono esperti nell'evocare il drago.
Si oscurino le stelle del suo crepuscolo, aspetti la luce e la luce non venga, e non miri le palpebre dell'alba,
poiché non chiuse la porta del seno che mi portava, e non celò l'affanno agli occhi miei.
Perché non morii nel seno di mia madre? Perché non spirai appena uscito dalle sue viscere?
Perché trovai delle ginocchia per ricevermi e delle mammelle da poppare?
Ora mi giacerei tranquillo, dormirei, ed avrei così riposo
coi re e coi consiglieri della terra che si edificarono mausolei,
coi principi che possedean dell'oro e che empiron d'argento le lor case;
o, come l'aborto nascosto, non esisterei, sarei come i feti che non videro la luce.
Là cessano gli empi di tormentare gli altri. Là riposano gli stanchi,
là i prigioni han requie tutti insieme, senz'udir voce d'aguzzino.
Piccoli e grandi sono là del pari, e lo schiavo è libero del suo padrone.