Commento, spiegazione e studio di Isaia 38:9-18, verso per verso
Scritto di Ezechia, re di Giuda, in occasione della sua malattia e della sua guarigione del suo male.
"Io dicevo: Nel meriggio de' miei giorni debbo andarmene alle porte del soggiorno de' morti; io son privato del resto de' miei anni!
Io dicevo: Non vedrò più l'Eterno, l'Eterno, sulla terra de' viventi; fra gli abitanti del mondo dei trapassati, non vedrò più alcun uomo.
La mia dimora è divelta e portata via lungi da me, come una tenda di pastore. Io ho arrotolata la mia vita, come fa il tessitore; Egli mi tagli via dalla trama; dal giorno alla notte tu m'avrai finito.
Io speravo fino al mattino ma come un leone, egli mi spezzava tutte l'ossa; dal giorno alla notte tu m'avrai finito.
Io stridevo come la rondine, come la gru, io gemevo come la colomba: i miei occhi erano stanchi nel guardare in alto. O Eterno, mi si fa violenza; sii tu il mio garante.
Che dirò? Ei m'ha parlato, ed ei l'ha fatto; io camminerò con umiltà durante tutti i miei anni, ricordando l'amarezza dell'anima mia.
O Signore, mediante queste cose si vive, e in tutte queste cose sta la vita del mio spirito; guariscimi dunque, e rendimi la vita.
Ecco, è per la mia pace che io ho avuto grande amarezza; ma tu, nel tuo amore, hai liberata l'anima mia dalla fossa della corruzione, perché ti sei gettato dietro alle spalle tutti i miei peccati.
Poiché non è il soggiorno de' morti che possa lodarti, non è la morte che ti possa celebrare; quei che scendon nella fossa non possono più sperare nella tua fedeltà.