Commento, spiegazione e studio di Romani 7:5-13, verso per verso
Poiché, mentre eravamo nella carne, le passioni peccaminose, destate dalla legge, agivano nelle nostre membra per portar del frutto per la morte;
ma ora siamo stati sciolti dai legami della legge, essendo morti a quella che ci teneva soggetti, talché serviamo in novità di spirito, e non in vecchiezza di lettera.
Che diremo dunque? La legge è essa peccato? Così non sia; anzi io non avrei conosciuto il peccato, se non per mezzo della legge; poiché io non avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: Non concupire.
Ma il peccato, còlta l'occasione, per mezzo del comandamento, produsse in me ogni concupiscenza; erché senza la legge il peccato è morto.
E ci fu un tempo, nel quale, senza legge, vivevo; ma, venuto il comandamento, il peccato prese vita, e io morii;
e il comandamento ch'era inteso a darmi vita, risultò che mi dava morte.
Perché il peccato, còlta l'occasione, per mezzo del comandamento, mi trasse in inganno; e, per mezzo d'esso, m'uccise.
Talché la legge è santa, e il comandamento è santo e giusto e buono.
Ciò che è buono diventò dunque morte per me? Così non sia; ma è il peccato che m'è divenuto morte, onde si palesasse come peccato, cagionandomi la morte mediante ciò che è buono; affinché, per mezzo del comandamento, il peccato diventasse estremamente peccante.