Commento, spiegazione e studio di Romani 7:7-15, verso per verso
Che diremo dunque? La legge è essa peccato? Così non sia; anzi io non avrei conosciuto il peccato, se non per mezzo della legge; poiché io non avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: Non concupire.
Ma il peccato, còlta l'occasione, per mezzo del comandamento, produsse in me ogni concupiscenza; erché senza la legge il peccato è morto.
E ci fu un tempo, nel quale, senza legge, vivevo; ma, venuto il comandamento, il peccato prese vita, e io morii;
e il comandamento ch'era inteso a darmi vita, risultò che mi dava morte.
Perché il peccato, còlta l'occasione, per mezzo del comandamento, mi trasse in inganno; e, per mezzo d'esso, m'uccise.
Talché la legge è santa, e il comandamento è santo e giusto e buono.
Ciò che è buono diventò dunque morte per me? Così non sia; ma è il peccato che m'è divenuto morte, onde si palesasse come peccato, cagionandomi la morte mediante ciò che è buono; affinché, per mezzo del comandamento, il peccato diventasse estremamente peccante.
Noi sappiamo infatti che la legge è spirituale; ma io son carnale, venduto schiavo al peccato.
Perché io non approvo quello che faccio; poiché non faccio quel che voglio, ma faccio quello che odio.