Commento biblico del sermone
Ebrei 2:5-10
Tenere conto:
I. Che cosa ha sopportato il Figlio dell'uomo, umiliandosi per noi. Ci sono due espressioni usate per soffrire la morte e per assaporare la morte. Ricordiamoci che tra Gesù, com'era in sé e la morte, non sussisteva alcun legame. In Lui Satana non ha potuto trovare nulla. La morte non aveva alcuna relazione personale o diretta con Lui. Il Signore Gesù Cristo, il Principe della Vita, della sua stessa potenza e volontà, depose la sua vita.
La morte del Signore Gesù in questo senso è diversa dalla morte di qualsiasi essere umano; era l'atto libero, volontario, spontaneo della sua volontà. Quando il Signore Gesù Cristo morì, emise una grande energia. Voleva morire . E quindi in un certo senso possiamo dire che la sua morte fu una grande manifestazione della sua potenza.
II. Considera che il Signore ha assaporato la morte. Un uomo può morire in un momento, e poi non assapora la morte. Ma tutto ciò che c'era nella morte era concentrato nel calice che il Signore Gesù Cristo versò sulla croce. Egli è stato fatto per noi una maledizione; Rimase solo con il potere delle tenebre. Ma sebbene avesse svuotato il calice dell'ira, sebbene tutte le onde ei marosi della morte lo attraversassero, continuò a vivere, a confidare, ad amare, a pregare. Ha ottenuto la vittoria nella profondità più bassa della sua agonia.
III. Ha assaporato la morte per grazia di Dio per ogni uomo. Parliamo del perdono dei peccati; siamo perdonati, ma tutti i nostri peccati sono stati puniti. Tutti i nostri peccati sono stati posti su Gesù, ognuno è stato punito. Nella Croce non c'è solo il perdono dei peccati, ma c'è l'effettiva rimozione di tutti i nostri peccati; e l'Apostolo ci spiega che questo grande mistero meraviglioso della morte di Cristo come nostro Sostituto, portando i nostri peccati, portando la nostra maledizione, sopportando la pena dei nostri peccati e vincendo tutti i nostri nemici (cioè la legge di Satana e la morte ), che questo è per manifestarci la pienezza della perfezione di Dio.
A. Saphir, Lezioni espositive sugli ebrei, vol. i., pag. 118.