Ezechiele 21:1-32

1 (21:6) E la parola dell'Eterno mi fu rivolta in questi termini:

2 (21:7) "Figliuol d'uomo, vòlta la faccia verso Gerusalemme, e rivolgi la parola ai luoghi santi, e profetizza contro il paese d'Israele;

3 (21:8) e di' al paese d'Israele: Così parla l'Eterno: Eccomi a te! Io trarrò la mia spada dal suo fodero, e sterminerò in mezzo a te giusti e malvagi.

4 (21:9) Appunto perché voglio sterminare in mezzo a te giusti e malvagi, la mia spada uscirà dal suo fodero per colpire ogni carne dal mezzogiorno al settentrione;

5 (21:10) e ogni carne conoscerà che io, l'Eterno, ho tratto la mia spada dal suo fodero; e non vi sarà più rimessa.

6 (21:11) E tu, figliuol d'uomo, gemi! Coi lombi rotti e con dolore amaro, gemi dinanzi agli occhi loro.

7 (21:12) E quando ti chiederanno: Perché gemi? rispondi: Per la notizia che sta per giungere; ogni cuore si struggerà, tutte le mani diverran fiacche, tutti gli spiriti verranno meno, tutte le ginocchia si scioglieranno in acqua. Ecco, la cosa giunge, ed avverrà! dice il Signore, l'Eterno".

8 (21:13) E la parola dell'Eterno mi fu rivolta in questi termini:

9 (21:14) "Figliuol d'uomo, profetizza, e di': Così parla il Signore. Di': La spada! la spada! è aguzzata ed anche forbita:

10 (21:15) aguzzata, per fare un macello; forbita, perché folgoreggi. Ci rallegrerem noi dunque? ipetendo: "Lo scettro del mio figliuolo disprezza ogni legno".

11 (21:16) Il Signore l'ha data a forbire, perché la s'impugni; la spada è aguzza, essa è forbita, per metterla in mano di chi uccide.

12 (21:17) Grida e urla, figliuol d'uomo, poich'essa è per il mio popolo, e per tutti i principi d'Israele; ssi son dati in balìa della spada col mio popolo; perciò percuotiti la coscia!

13 (21:18) Poiché la prova è stata fatta; e che dunque, se perfino lo scettro sprezzante non sarà più? dice il Signore, l'Eterno.

14 (21:19) E tu, figliuol d'uomo, profetizza, e batti le mani; la spada raddoppi, triplichi i suoi colpi, la spada che fa strage, la spada che uccide anche chi è grande, la spada che li attornia.

15 (21:20) Io ho rivolto la punta della spada contro tutte le loro porte, perché il loro cuore si strugga e cresca il numero dei caduti; sì, essa è fatta per folgoreggiare, è aguzzata per il macello.

16 (21:21) Spada! raccogliti! volgiti a destra, attenta! Volgiti a sinistra, dovunque è diretto il tuo filo!

17 (21:22) E anch'io batterò le mani, e sfogherò il mio furore! Io, l'Eterno, son quegli che ho parlato".

18 (21:23) E la parola dell'Eterno mi fu rivolta in questi termini:

19 (21:24) "E tu, figliuol d'uomo, fatti due vie, per le quali passi la spada del re di Babilonia; partano ambedue dal medesimo paese; e traccia un indicatore, tracciato al capo della strada d'una città.

20 (21:25) Fa' una strada per la quale la spada vada a Rabba, città de' figliuoli d'Ammon, e un'altra perché vada in Giuda, a Gerusalemme, città fortificata.

21 (21:26) Poiché il re di Babilonia sta sul bivio, in capo alle due strade, per tirare presagi: scuote le freccie, consulta gl'idoli, esamina il fegato.

22 (21:27) La sorte, ch'è nella destra, designa Gerusalemme per collocargli degli arieti, per aprir la bocca a ordinare il massacro, per alzar la voce in gridi di guerra, per collocare gli arieti contro le porte, per elevare bastioni, per costruire delle torri.

23 (21:28) Ma essi non vedono in questo che una divinazione bugiarda; essi, a cui sono stati fatti tanti giuramenti! Ma ora egli si ricorderà della loro iniquità, perché siano presi.

24 (21:29) Perciò così parla il Signore, l'Eterno: Poiché avete fatto ricordare la vostra iniquità mediante le vostre manifeste trasgressioni, sì che i vostri peccati si manifestano in tutte le vostre azioni, poiché ne rievocate il ricordo, sarete presi dalla sua mano.

25 (21:30) E tu, o empio, dannato alla spada, o principe d'Israele, il cui giorno è giunto al tempo del colmo dell'iniquità;

26 (21:31) così parla il Signore, l'Eterno: La tiara sarà tolta, il diadema sarà levato; tutto sarà mutato; ciò che in basso sarà innalzato; ciò ch'è in alto sarà abbassato.

27 (21:32) Ruina! ruina! ruina! Questo farò di lei; anch'essa non sarà più, finché non venga colui a cui appartiene il giudizio, e al quale lo rimetterò.

28 (21:33) E tu, figliuol d'uomo, profetizza, e di': Così parla il Signore, l'Eterno, riguardo ai figliuoli d'Ammon ed al loro obbrobrio; e di': La spada, la spada è sguainata; è forbita per massacrare, per divorare, per folgoreggiare.

29 (21:34) Mentre s'hanno per te delle visioni vane, mentre s'hanno per te divinazioni bugiarde, essa ti farà cadere fra i cadaveri degli empi, il cui giorno è giunto al tempo del colmo dell'iniquità.

30 (21:35) Riponi la spada nel suo fodero! Io ti giudicherò nel luogo stesso dove fosti creata, nel paese della tua origine;

31 (21:36) e riverserò su di te la mia indignazione, soffierò contro di te nel fuoco della mia ira, e ti darò in mano d'uomini brutali, artefici di distruzione.

32 (21:37) Tu sarai pascolo al fuoco, il tuo sangue sarà in mezzo al paese; tu non sarai più ricordata, perché io, l'Eterno, son quegli che ho parlato".

LA SPADA SFODERATA

Ezechiele 21:1

LA data all'inizio del capitolo 20 introduce la quarta e ultima sezione delle profezie pronunciate prima della distruzione di Gerusalemme. Divide anche il primo periodo del ministero di Ezechiele in due parti uguali. Il tempo è il mese di agosto, 590 aC, due anni dopo la sua profetica inaugurazione e due anni prima dell'insediamento di Gerusalemme. Ne consegue che se il Libro di Ezechiele presenta qualcosa di simile a un'immagine fedele della sua opera attuale, il suo anno di gran lunga più produttivo è stato quello che si era appena concluso.

Abbraccia la lunga e variegata serie di discorsi dal capitolo 8 al capitolo 19; mentre cinque Capitoli sono tutto ciò che rimangono a testimonianza della sua attività nei prossimi due anni. Questo risultato non è così improbabile come potrebbe sembrare a prima vista. Dal carattere della profezia di Ezechiele, che consiste in gran parte di amplificazioni omiletiche di un grande tema, è abbastanza comprensibile che le linee principali del suo insegnamento abbiano preso forma nella sua mente in un primo periodo del suo ministero.

I discorsi nella prima parte del libro possono essere stati ampliati nell'atto di affidarli alla scrittura; ma non c'è ragione di dubitare che le idee in esse contenute fossero presenti alla mente del profeta e siano state effettivamente da lui consegnate entro il periodo a cui sono assegnate. Si può quindi supporre che le esortazioni pubbliche di Ezechiele siano divenute meno frequenti nei due anni che precedettero l'assedio, così come sappiamo che per due anni dopo quell'evento furono del tutto interrotte.

In quest'ultima suddivisione delle profezie relative alla distruzione di Gerusalemme si possono facilmente distinguere due diverse classi di oracoli. Da un lato abbiamo due capitoli che trattano di incidenti contemporanei: la marcia dell'esercito di Nabucodonosor contro Gerusalemme (capitolo 21) e l'inizio dell'assedio della città (capitolo 24). Nonostante la fiduciosa opinione di alcuni critici che queste profezie non avrebbero potuto essere composte se non dopo la caduta di Gerusalemme, mi sembra che portino i segni di essere state scritte sotto l'influenza immediata degli eventi che descrivono.

È difficile altrimenti spiegare l'eccitazione di cui soffre il profeta, specialmente nel capitolo 21, che sta a fianco del capitolo 7 come l'espressione più concitata di tutto il libro. Abbiamo invece tre discorsi sulla natura delle accuse formali: uno contro gli esuli (capitolo 20), uno contro Gerusalemme (capitolo 22) e uno contro l'intera nazione di Israele (capitolo 23).

È impossibile in questi capitoli scoprire alcun progresso di pensiero su passaggi simili che sono già stati prima di noi. Due di essi (capitoli 20 e 23) sono retrospettive storiche alla maniera del capitolo 16, e non c'è motivo evidente per cui dovrebbero essere collocati in una sezione diversa del libro. La chiave dell'unità della sezione va dunque ricercata nelle due profezie storiche e nella situazione creata dagli eventi che descrivono.

Sarà quindi utile per chiarire il terreno se iniziamo con l'oracolo che getta più luce sullo sfondo storico di questo gruppo di profezie: l'oracolo della spada di Geova contro Gerusalemme nel capitolo 21.

La ribellione a lungo progettata è finalmente scoppiata. Sedechia ha rinunciato alla sua fedeltà al re di Babilonia e l'esercito dei caldei sta per reprimere l'insurrezione. La data precisa di questi eventi non è nota. Per qualche ragione la cospirazione degli stati palestinesi aveva preso fuoco; molti anni erano stati lasciati passare dal tempo in cui i loro inviati si erano incontrati a Gerusalemme per concertare misure di resistenza unitaria.

Geremia 27:1 Questa procrastinazione era, come al solito, un sicuro presagio di disastro. Nell'intervallo il campionato si era sciolto. Alcuni dei suoi membri avevano fatto accordi con Nabucodonosor; e sembrerebbe che solo Tiro, Giuda e Ammon si siano avventurati sfidando apertamente il suo potere. A Gerusalemme, e probabilmente anche tra i Giudei di Babilonia, era nutrita la speranza che il primo assalto dei Caldei sarebbe stato diretto contro gli Ammoniti, e che così si sarebbe guadagnato il tempo per completare le difese di Gerusalemme.

Dissipare questa illusione è uno degli scopi evidenti della profezia davanti a noi. I movimenti dell'esercito di Nabucodonosor sono diretti da una saggezza superiore alla sua; è lo strumento inconscio mediante il quale Geova sta eseguendo il proprio scopo. Il vero scopo della sua spedizione non è punire alcune tribù refrattarie per un atto di slealtà, ma rivendicare la giustizia di Geova nella distruzione della città che aveva profanato la sua santità. Nessun calcolo umano sarà concesso neppure per un momento per deviare il colpo che è diretto direttamente ai peccati di Gerusalemme o per oscurare la lezione insegnata dal suo scopo sicuro e infallibile.

Possiamo immaginare l'inquietudine e l'ansia con cui gli esuli in Babilonia assistettero alla lotta finale per la causa nazionale. Nella fantasia avrebbero seguito la lunga marcia degli eserciti caldei dall'Eufrate e la loro discesa dalle valli dell'Oronte e del Leonte sulla città. Avrebbero aspettato con ansia qualche notizia di un rovescio che avrebbe fatto rivivere la loro flebile speranza di un rapido crollo del grande impero mondiale e di un ripristino di Israele alla sua antica libertà.

E quando alla fine udirono che Gerusalemme era chiusa nella stretta ferrea di queste vittoriose legioni, dalle quali nessuna umana liberazione era possibile, il loro umore si sarebbe indurito in uno in cui una fanatica speranza e una cupa disperazione si contendevano il dominio. In un'atmosfera carica di tale eccitazione Ezechiele scaglia la serie di predizioni comprese nei capitoli 21 e 24. Con sentimenti ben diversi dai suoi compagni, ma con un interesse vivo quanto il loro, segue lo sviluppo di quello che sa essere l'ultimo agire nella lunga controversia tra Geova e Israele.

È suo dovere ripetere ancora una volta il decreto irrevocabile - il Divino delenda est contro la Gerusalemme colpevole. Ma in questo caso lo fa con un linguaggio la cui veemenza tradisce l'agitazione della sua mente, e forse anche l'inquietudine della società in cui viveva. Il capitolo ventunesimo è una serie di rapsodie, prodotto di uno stato al limite dell'estasi, dove i diversi aspetti dell'imminente giudizio sono esposti con l'ausilio di vivide immagini che passano in rapida successione nella mente del profeta.

IO.

La prima visione che il profeta ha della catastrofe Ezechiele 21:1 ( Ezechiele 21:1 ) è quella di un incendio in una foresta, un evento che deve essere stato frequente in Palestina quanto un incendio di praterie in America. Vede scoppiare un fuoco nella "foresta del sud" e infuriare con tale ferocia che "ogni albero verde e ogni albero secco" viene bruciato; i volti di tutti coloro che sono vicini sono bruciati, e tutti gli uomini sono convinti che una calamità così terribile debba essere opera di Geova stesso.

Possiamo supporre che questa sia stata la forma in cui la verità si è impadronita per la prima volta dell'immaginazione di Ezechiele; ma sembra che abbia esitato a proclamare il suo messaggio in questa forma. Il suo modo di parlare figurato era diventato famoso tra gli esuli ( Ezechiele 21:5 ) ed era consapevole che una "parabola" così vaga e generale come questa sarebbe stata liquidata come un indovinello ingegnoso che avrebbe potuto significare qualsiasi cosa o niente.

Quello che segue ( Ezechiele 21:7 ) dà la chiave della visione originale. Sebbene sia nella forma un oracolo indipendente, è strettamente parallelo al precedente e chiarisce ogni caratteristica in dettaglio. Si spiega che la "foresta del sud" significhi la terra d'Israele, e la menzione della spada di Geova invece del fuoco suggerisce meno oscuramente che lo strumento della calamità minacciata è l'esercito babilonese.

È interessante osservare che Ezechiele ammette espressamente che c'erano uomini giusti anche nell'Israele condannato. Contrariamente alla sua concezione dei metodi normali della giustizia divina, concepisce questo giudizio come uno che coinvolge giusti e malvagi in una comune rovina. Non che Dio sia meno che giusto in questo atto culminante di vendetta, ma la Sua giustizia non si ripercuote sul destino degli individui.

Ha a che fare con la nazione nel suo insieme, e nel giudizio sterminatore della nazione gli uomini buoni non saranno risparmiati più di quanto l'albero verde della foresta sfugga al destino dell'arido. Fu il fatto che gli uomini giusti perirono nella caduta di Gerusalemme; ed Ezechiele non chiude gli occhi ad essa, fermamente perché credeva che fosse giunto il tempo in cui Dio avrebbe ricompensato ogni uomo secondo il proprio carattere. L'indiscriminatezza del giudizio nella sua attinenza alle diverse classi di persone è ovviamente una caratteristica che Ezechiele qui cerca di sottolineare.

Ma l'idea della spada di Geova sguainata dal fodero, per non tornare più finché non avrà compiuto la sua missione, è quella che si è fissata più profondamente nell'immaginazione del profeta, e forma l'anello di congiunzione tra questa visione e le altre amplificazioni dello stesso tema che seguono.

II.

Tralasciando l'azione simbolica di Ezechiele 21:11 , che rappresenta l'orrore e lo stupore con cui sarà ricevuta la terribile notizia della caduta di Gerusalemme, arriviamo al punto in cui il profeta irrompe nel selvaggio ceppo della poesia ditirambica, che è stata chiamato il "Canto della Spada" ( Ezechiele 21:14 ).

La seguente traduzione, sebbene necessariamente imperfetta e in alcuni punti incerta, può dare un'idea sia della struttura che dell'aspro vigore dell'originale. Si vedrà che c'è una chiara divisione in quattro strofe:-

(1) Ezechiele 21:14 .

"Una spada, una spada!

È affilato e brunito con.

Per un'opera di macellazione è affilata!

Per brillare come un fulmine brunito!

E 'stato dato per essere levigato per la presa della mano, -

È affilato, e arredato-

Da mettere nelle mani dell'uccisore."

(2) Ezechiele 21:17 .

"Piangi e ulula, figlio dell'uomo!

Poiché è venuto tra il mio popolo;

Vieni fra tutti i principi d'Israele!

Vittime della spada sono loro, loro e il mio popolo

Perciò colpisci la tua coscia!

Non sarà così, dice l'Eterno, il Signore».

(3) Ezechiele 21:19 .

«Ma, figlio dell'uomo, profetizza e colpisci mano contro mano;

Lascia che la spada abbia raddoppiato e triplicato (?).

È una spada degli uccisi, la grande spada degli uccisi che rotea intorno a loro, -

Che i cuori possano fallire, e molti siano i caduti in tutte le loro porte.

È fatto come un fulmine, arredato per il massacro!"

(4) Ezechiele 21:21 .

"Riunitevi insieme!

Colpisci a destra, a sinistra,

dovunque è stabilito il tuo limite!

E anch'io colpirò mano nella mano,

e placa la mia ira:

Io Geova l'ho detto".

Nonostante la sua oscurità, i suoi bruschi passaggi e la sua strana fusione del divino con la personalità umana, l'ode mostra una forma poetica definita e un reale progresso del pensiero dall'inizio alla fine. In tutto il brano osserviamo che lo sguardo del profeta è affascinato dalla spada scintillante che simboleggiava lo strumento della vendetta di Geova. Nella strofa iniziale (1) descrive la preparazione della spada; nota l'acutezza del suo bordo e la sua lucentezza scintillante con un terribile presentimento che un attrezzo così elaborato è destinato a qualche terribile giorno di massacro.

Quindi (2) annuncia lo scopo per cui è preparata la spada, e scoppia in un forte lamento quando si rende conto che le sue vittime condannate sono il suo stesso popolo e i principi di Israele. Nella strofa successiva (3) vede la spada in azione; brandito da una mano invisibile, balena qua e là, girando intorno alle sue sfortunate vittime come se fossero all'opera due o tre spade invece di una. Tutti i cuori sono paralizzati dalla paura, ma la spada non cessa le sue devastazioni finché non ha riempito la terra di uccisi.

Poi finalmente la spada è a riposo (4), avendo compiuto il suo lavoro. Il divino Oratore lo invita in un apostrofo conclusivo "a radunarsi" come per un ultimo giro a destra ea sinistra, indicando la completezza con cui il giudizio è stato eseguito. Nell'ultimo verso la visione della spada svanisce, e il poema si chiude con un annuncio, nel solito modo profetico, del preciso proposito di Geova di "attenuare" la Sua ira contro Israele con l'atto finale della punizione.

III.

Se rimane ancora qualche dubbio su cosa significasse la spada di Geova, viene rimosso nella sezione successiva ( Ezechiele 21:23 ), dove il profeta indica la via per la quale la spada deve venire sul regno di Giuda. Il monarca caldeo è rappresentato mentre si ferma durante la sua marcia, forse a Riblah o in qualche luogo a nord della Palestina, e decide se avanzare per primo contro Giuda o contro gli ammoniti.

Egli sta all'incrocio delle vie: a sinistra c'è la strada per Rabbath-Ammon, a destra quella per Gerusalemme. Nella sua perplessità invoca una guida soprannaturale, ricorrendo a vari espedienti allora in uso per accertare la volontà degli dei e la via della buona sorte. Egli "scuote le frecce" (due di loro in una specie di vaso, uno per Gerusalemme e l'altro per Riblah); consulta i teraphim e ispeziona le viscere di una vittima sacrificale.

Questa consultazione dei presagi era senza dubbio un preliminare invariabile a ogni campagna, e vi si ricorreva ogni volta che si doveva prendere una decisione militare importante. Potrebbe sembrare una questione di indifferenza per un potente monarca come Nabucodonosor quale dei due piccoli avversari decise di schiacciare per primo. Ma i re di Babilonia erano uomini religiosi a modo loro, e non dubitavano mai che il successo dipendesse dal loro seguire le indicazioni date dalle potenze superiori.

In questo caso Nabucodonosor ottiene una risposta vera, ma non dalle deita di cui aveva invocato l'aiuto. Nella mano destra trova la freccia segnata "Gerusalemme". Il dado è tratto, la sua risoluzione è presa, ma è la sentenza di Geova che sigilla il destino di Gerusalemme che è stata pronunciata.

Tale è la situazione che Ezechiele in Babilonia è chiamato a rappresentare attraverso un evidente simbolismo. Viene tracciata per terra una strada che si divide in due, e al punto d'incontro viene eretto un cartello che indica che l'uno conduce ad Ammon e l'altro a Giuda. Naturalmente non è necessario supporre che l'incidente così graficamente descritto sia realmente avvenuto. La scena della divinazione può essere solo immaginaria, sebbene sia certamente un vero riflesso delle idee e dei costumi babilonesi.

La verità trasmessa è che l'esercito babilonese si sta muovendo sotto la guida immediata di Geova, e che non solo i progetti politici del re, ma i suoi pensieri segreti e persino la sua dipendenza superstiziosa su segni e presagi, sono tutti annullati per la promozione del uno scopo per il quale Geova lo ha destato.

Intanto Ezechiele sa bene che a Gerusalemme viene data un'interpretazione molto diversa al corso degli eventi. Quando la notizia della decisione del grande re raggiunge gli uomini a capo degli affari, non sono costernati. Considerano la decisione come il risultato di una "falsa divinazione"; ridono per disprezzare i riti superstiziosi che hanno determinato il corso della campagna, non che suppongano che il re non agirà sui suoi presagi, ma non credono che siano un presagio di successo.

Avevano sperato in un breve respiro mentre Nabucodonosor era impegnato a est del Giordano, ma non si tireranno indietro dal conflitto, sia oggi che domani. Rivolgendosi a questo stato d'animo, Ezechiele ancora una volta (cfr cap. 17) ricorda a chi lo ascolta che questi uomini stanno combattendo contro le leggi morali dell'universo. L'attuale regno di Giuda occupa una posizione falsa davanti a Dio e agli occhi dei giusti.

Non ha fondamento religioso; poiché la speranza del Messia non risiede in colui che indossa una corona disonorata, il re Sedechia, ma nel legittimo erede di Davide ora in esilio. Lo stato non ha alcun diritto di essere se non come parte dell'impero caldeo, e questo diritto lo ha perso rinunciando alla sua fedeltà al suo superiore terreno. Questi uomini dimenticano che in questa lite la giusta causa è quella di Nabucodonosor, la cui impresa sembra solo "richiamare alla mente la loro iniquità" ( Ezechiele 21:28 ) - cioè , il loro crimine politico. Nel provocare questo conflitto, quindi, si sono messi in torto; saranno presi nelle fatiche della loro stessa malvagità.

La censura più pesante è riservata a Sedechia, il "malvagio, il principe d'Israele, il cui giorno sta arrivando nel tempo della punizione finale". Questa parte della profezia ha una stretta somiglianza con l'ultima parte del capitolo 17. Le simpatie del profeta sono ancora con il re esiliato, o almeno con quel ramo della famiglia reale che rappresenta. E la sentenza di rigetto su Sedechia è di nuovo accompagnata da una promessa della restaurazione del regno nella persona del Messia.

La corona che è stata disonorata dall'ultimo re di Giuda sarà tolta dalla sua testa; ciò che è basso sarà esaltato (il ramo esiliato della casa davidica), e ciò che è alto sarà abbassato (il re regnante); tutto l'ordine esistente delle cose sarà capovolto «finché non venga colui che ha ragione».

IV.

L'ultimo oracolo è diretto contro i figli di Ammon. Con la decisione di Nabucodonosor di sottomettere prima Gerusalemme, gli ammoniti avevano avuto una breve tregua. Esultarono persino per l'umiliazione del loro ex alleato e, a quanto pare, avevano sguainato la spada per impadronirsi di parte del paese di Giuda. Sviati da falsi indovini, avevano osato cercare il proprio vantaggio nelle calamità che Geova aveva portato sul suo stesso popolo.

Il profeta minaccia il completo annientamento di Ammon, anche nella sua stessa terra, e la cancellazione del suo ricordo tra le nazioni. Questa è la sostanza della profezia; ma la sua forma presenta diversi punti di difficoltà. Inizia con quella che sembra essere un'eco del "Canto della spada" nella parte precedente del capitolo: -

"Una spada! una spada! È sguainata per la macellazione; è preparata per risplendere come la folgore" ( Ezechiele 21:28 ).

Ma mentre procediamo scopriamo che si tratta della spada degli Ammoniti, e gli viene ordinato di rimetterla nel fodero. Se è così, il tono del passaggio deve essere ironico. È per scherno che il profeta usi un linguaggio così magnifico delle misere pretese di Ammon di prendere parte all'opera per la quale Geova ha forgiato la potente arma dell'esercito caldeo. Ci sono altre reminiscenze della prima parte del capitolo, come la "divinazione bugiarda" del ver.

34, e il "tempo della retribuzione finale" nello stesso versetto. L'allusione al "rimprovero" di Ammon e al suo atteggiamento aggressivo sembra indicare il tempo successivo alla distruzione di Gerusalemme e alla ritirata dell'esercito di Nabucodonosor. Non possiamo dire se gli ammoniti avessero precedentemente presentato la loro sottomissione o meno; ma il quarantesimo e quarantunesimo capitolo di Geremia mostrano che Ammon era ancora un focolaio di cospirazioni contro l'interesse babilonese nei giorni dopo la caduta di Gerusalemme.

Queste apparizioni rendono probabile che questa parte del capitolo sia un'appendice, aggiunta in un secondo momento, e tratta di una situazione che si è sviluppata dopo la distruzione della città. Il suo inserimento nel luogo attuale è facilmente spiegabile dalla circostanza che il destino di Ammon era stato collegato a quello di Gerusalemme nella parte precedente del capitolo. La piccola nazionalità vendicativa aveva usato la sua tregua per gratificare il suo odio ereditario per Israele, e ora il giudizio, sospeso per un po', tornerà con furore raddoppiato e lo spazzerà via dalla terra.

Ripensando a questa serie di profezie, sembra esserci motivo di credere che, ad eccezione dell'ultima, siano realmente contemporanee agli eventi di cui si occupano. È vero che non illuminano la situazione storica nella stessa misura in cui Isaia descrive l'avanzata di un altro invasore e lo sviluppo di un'altra crisi nella storia del popolo. Ciò è dovuto in parte all'inclinazione del genio di Ezechiele, ma in parte anche alle circostanze molto particolari in cui si trovava.

Gli eventi che formano il tema della sua profezia furono trattati in un lontano palcoscenico; né lui né i suoi ascoltatori immediati erano attori del dramma. Si rivolge a un pubblico agitato al più alto grado di eccitazione, ma influenzato da speranze, voci e vaghe congetture sul probabile esito degli eventi. Era inevitabile in queste circostanze che la sua profezia, anche in quei passaggi che trattano di fatti contemporanei, non presentasse che un pallido riflesso della situazione attuale.

Nel caso in esame l'unico evento storico che risalta chiaramente è la partenza di Nabucodonosor con il suo esercito verso Gerusalemme. Ma ciò che leggiamo è una vera profezia; non l'artificio di un uomo che usa il discorso profetico come forma letteraria, ma l'espressione di uno che discerne il dito di Dio nel presente e interpreta in anticipo il suo scopo agli uomini del suo tempo.

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